Il Salento è una terra pregna di storia e tradizioni, riti e usanze che si svolgono regolarmente ogni anno. A ogni occasione la sua tradizione! Chi conosce il Salento solo nella sua veste estiva rischia di perdere tutte queste sfaccettature di autenticità.
Anche a Pasqua questa terra ha molto da raccontare, con tradizioni che gettano sui paesi un’aura di festa, o evidenziano la religiosa austerità del periodo di Quaresima che la precede, come la Quaremma.
Che cos’è la Quaremma
Quaremma, o Caremma, è il nome di un tipico pupazzo rappresentante una donna vestita di nero, che ricorda vagamente l’immagine della famigerata befana anche per il suo brutto aspetto.
Questo fantoccio viene esposto dai salentini sui propri balconi a partire dal Mercoledì delle Ceneri, quando finisce il Carnevale e ci si avvia al periodo pasquale.
Significato e simbologia della Quaremma
Come la gran parte dei riti religiosi che vantano una tradizione secolare, La Quaremma porta con sé significati cristiani e pagani. L’aspetto quasi spaventoso della Quaremma e gli abiti neri da lutto simboleggiano la fine dei festeggiamenti di Carnevale.
Ogni fantoccio tiene nella mano destra un fuso e un filo di lana, strumenti per cucire che rappresentano la laboriosità e lo scorrere nel tempo. Il simbolo sembra derivare dal mito delle Tre Parche, in cui la vita degli esseri umani veniva tessuta da Cloto. Nella mano sinistra, invece, è presente quasi sempre un’arancia amara, interpretabile come effigie della Quaresima, un periodo fatto di penitenza, sacrificio (soprattutto alimentare) e quindi amarezza. Nel frutto – talvolta sostituito da un melograno – sono conficcate sette piume d’uccello, tante quante le settimane che precedono la Pasqua. Poi, ne è rimossa una alla fine di ogni settimana.
Sui balconi dei salentini, la Quaremma non è mai la stessa dell’anno prima, dal momento che, alla fine del periodo di Quaresima, la tradizione vuole che il fantoccio sia bruciato in vista della festività pasquale.
L’origine del termine
Il nome Quaremma deriva, con ogni probabilità, da quello del francese del XIV secolo “Careme”, col significato di Quaresima, per l’appunto. Il dominio francese del Regno di Napoli in quel periodo, infatti, ha influenzato in maniera irrevocabile le lingue dell’Italia meridionale, e molti dei termini coniati sono tuttora in uso.
Nella lingua parlata, specie quella caratterizzata da inflessioni dialettali o comunque territoriali, l’aspetto terrificante del fantoccio ha dato vita al modo di dire “pare ‘na Caremma”, riferito a donne anziane o particolarmente brutte.
Altre tradizioni pasquali salentine
Oltre alla Quaremma, la Pasqua nel Salento è caratterizzata da molti altri riti, religiosi o meno, altrettanto antichi e legati indissolubilmente al territorio e alla sua storia.
La serenata della Domenica delle Palme
In molte parti d’Italia, la Domenica delle Palme è il giorno in cui si porta in chiesa un ramo di ulivo da benedire, che andrà conservato per tutto l’anno e poi sostituito la Domenica delle Palme successiva.
In provincia di Lecce, in particolare ad Alezio, c’è un’altra tradizione che allieta questa giornata di festa. Per le vie del paese si aggirano infatti dei cantori, che raccontano in musica la storia di Gesù fino alla sua Passione. A questi, La tradizione vuole che i cittadini in ascolto regalino delle uova fresche in segno di ringraziamento.
I sabburchi
In Salento, i Sabburchi si possono considerare l’equivalente pasquale del presepe. Questi sono infatti la rappresentazione del sepolcro di Gesù Cristo, allestita solitamente in uno degli altari laterali delle chiese. Tradizionalmente erano le donne a occuparsi della loro preparazione, ma negli anni è divenuto un rito che coinvolge tutti gli abitanti del paese, al lavoro nei giorni che precedono il Giovedì Santo.
Ad abbellire le rappresentazioni si vedono spesso candele, tessuti bianchi e rossi, croci, piante e spighe di grano bianco. I Sabburchi sono ognuno diverso dall’altro, tant’è che il Giovedì Santo gli abitanti dei paesi amano girare per le diverse chiese e vedere come sono stati allestiti.
Lu Riu
Quella de Lu Riu è una tradizione, prettamente della città di Lecce, che viene celebrata il giorno dopo il Lunedì dell’Angelo, tanto da venire chiamata “la Pasquetta dei leccesi”.
In origine la sua celebrazione prevedeva una visita alla chiesa della Madonna, nel nord della città. Oggi, invece, i cittadini amano anche passare la giornata in spiaggia, per le vie del centro o a tavola con lauti pasti in compagnia.
Le scarcelle
Parlando di Salento, non si può che terminare con una tradizione pasquale culinaria. Al contrario dei famigerati vini e pasta fatta in casa, le scarcelle (anche chiamate cuddure), potrebbero far storcere il naso a chi le vede per la prima volta, salvo poi far ricredere dopo l’assaggio.
Queste sono infatti dolci pasquali tipici del Salento, e consiste in un impasto zuccherato dalla forma di un cesto, con all’interno un uovo sodo ancora racchiuso nel guscio.
Per tradizione si consumano a Pasqua o a Pasquetta. Tuttavia, già la loro preparazione riesce subito a far immergere ogni salentino nella letizia della festa pasquale.